Dopo avervi parlato del codice fiscale e dell'F23, oggi cambiamo decisamente argomento. Oggi parliamo di congedo parentale. I genitori lavoratori hanno parimenti diritto a richiedere un permesso per l’assistenza dei figli; dopo il periodo di maternità obbligatoria (estesa anche ai papà, ma con tempistiche diverse), il genitore può gestire il tempo per la cura dei figli astenendosi dal lavoro alle dovute condizioni previste dalla Legge.
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La tutela
Prima di proporre il congedo parentale, è giusto però essere a conoscenza di come funzioni la maternità obbligatoria e cosa essa comporti in tutti i suoi aspetti. Il congedo di maternità, di fatto, corrisponde ad un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per la madre di 5 mesi, che si distribuiscono a cavallo del parto. La maternità, che rappresenta un’autentica misura economica a tutela delle lavoratrici madri, ha un suo funzionamento specifico e, per ottenerla, bisogna fare una domanda specifica all’INPS, diversa da quella riservata al congedo parentale. Partendo dalle norme di riferimento, sappiamo che la costituzione italiana è provvista di un articolo, il 37, che disciplina un’adeguata protezione alla madre e al bambino e, che il Codice civile, all’articolo 2110 sostiene che, in caso di gravidanza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione alla donna in stato interessante.
La madre è per cui, in qualsiasi contesto regolarizzato, tutelata da specifiche normative. Tuttavia, non possiamo ignorare che esiste una platea generale di lavoratori: privati, pubblici, soci lavorativi di cooperativa, ma anche tutti coloro i quali hanno un contratto di apprendistato oppure a tempo parziale, i quali godono degli stessi diritti dei colleghi che lavorano full time. La maternità in apprendistato infatti, ha delle leggere variazioni rispetto a quella ottenuta durante un contratto part-time: nel primo caso, i periodi di astensione obbligatoria di maternità, non vengono considerati ai fini del periodo di formazione per l’apprendista perché il termine finale dell’apprendistato deve subire uno slittamento pari alla durata della sospensione del congedo di maternità. Nel secondo caso invece, vengono applicati gli stessi principi del contratto a tempo prolungato. Conoscere la normativa che tutela le lavoratrici è di grande importanza non solo per tutte le donne, ma anche per gli ipotetici datori di lavoro, i quali non possono assolutamente optare se consentire il congedo parentale o meno, perché è un vincolo imposto dall’articolo 16 D. Lgs 151/2001.
Gli aventi diritto
Padre e madre si possono assentare dal lavoro anche contemporaneamente nei primi 12 anni di età del bambino, nelle seguenti modalità:
- La madre può astenersi per un periodo non superiore a 6 mesi;
- Il padre può assentarsi dal lavoro per un periodo non superiore a 7 mesi sia continuativamente che per periodi frazionati;
- Se il permesso parentale è richiesto da entrambi i genitori, il limite complessivo di assenza dal lavoro non può superare i 10 mesi, qualora il padre si assenta per almeno 3 mesi il beneficio combinato concesso a entrambi sale a 11 mesi.
- Il genitore single può assentarsi per periodi continuativi o frazionati fino a un massimo complessivo di 10 mesi;
- I genitori adottivi o affidatari possono parimenti usufruire del congedo parentale nei primi 12 anni dall’ingresso del bambino nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino stesso, ma non oltre i 18 anni.
In caso di perdita del lavoro all’inizio o durante il periodo di congedo parentale, quest’ultimo decade automaticamente.
La Circolare 40 dell’INPS ha introdotto la possibilità di usufruire di un congedo parentale a ore: si tratta dell’opportunità di assentarsi dal lavoro per poche ore, soprattutto quando non è necessario assentarsi tutta la giornata (per esempio, una visita medica del bambino, una recita scolastica e simili). Il permesso parentale a ore offre la libertà ai genitori di gestire meglio il tempo ed il lavoro senza gravare sullo stipendio. Il permesso su base oraria permette di utilizzare un monte ore pari alla metà dell’orario medio giornaliero, quindi non più di mezza giornata, altrimenti occorre richiedere l’intera giornata. Il congedo parentale a ore non è cumulabile con altre tipologie di permessi e riposi previsti dalla normativa (D.Lgsl. n. 151/2001).
I genitori richiedenti hanno, infine, come possibilità per restare con i propri figli la trasformazione del contratto da tempo pieno al part-time (secondo quanto previsto dal D. Lgsl. n. 81/2015). La riduzione dell’orario di lavoro fino a un massimo del 50% e la trasformazione del contratto devono avvenire entro 15 giorni dalla richiesta del dipendente. Questa opportunità di “conversione contrattuale” si può richiedere una sola volta.
Come si calcola la retribuzione
Il Decreto Legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 ha introdotto delle novità rispetto ai limiti di età dei figli e alla retribuzione corrisposta in caso di richiesta di un permesso parentale. Fino al 2015, il congedo era retribuito nella misura del 30% fino ai 3 anni di età del figlio, entro gli 8 anni di età l’astensione era a titolo gratuito (non retribuito), dopo gli 8 anni di età non si aveva più diritto al congedo parentale. Il D.Lgsl n. 148/2015 ha, invece, introdotto le seguenti nuove soglie:
- Fino a 6 anni di età del figlio si percepisce il 30% della retribuzione media giornaliera calcolata sulla retribuzione del mese antecedente il periodo di inizio del congedo;
- Da 6 a 8 anni di età il congedo non è retribuito, salvo nel caso in cui si dimostri un grave disagio economico del lavoratore per cui continuerà ad essere corrisposto il 30% della retribuzione.
- Da 8 a 12 anni non è corrisposta alcuna retribuzione.
Come funziona per lavoratori iscritti alla gestione separata e lavoratori autonomi
Anche i lavoratori iscritti alla gestione separata hanno diritto al permesso parentale, ma in misura e condizioni diverse dai lavoratori dipendenti. Gli aventi diritto sono:
- I professionisti iscritti alla gestione separata INPS e privi di cassa previdenziale privata;
- Lavoratori parasubordinati o lavoratori a progetto.
Questi ultimi per richiedere il congedo devono rispettare i seguenti requisiti:
- Aver versato 3 mesi di contributi nei 12 mesi presi in considerazione per il calcolo dell’assegno di congedo;
- Avere un rapporto di lavoro in corso, al momento dell’inizio del congedo;
- Assentarsi effettivamente dal lavoro.
Il padre lavoratore parasubordinato non ha diritto al congedo parentale almeno ché si qualifichi come genitore single (vedovo o affidatario esclusivo del figlio e così via). Il congedo spettante è pari a 3 mesi entro il primo anno di età del bambino ed è retribuito al 30% dello stipendio percepito.
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS, il Jobs Act degli Autonomi ha apportato delle modifiche, in base alle quali, il congedo parentale per gli autonomi è concesso fino a un massimo di 6 mesi entro i primi tre anni di vita del figlio.
La madre lavoratrice autonoma ha diritto al periodo di maternità facoltativa solo se ha versato i contributi nel mese precedente l’inizio del periodo di congedo e si astiene dal lavoro. La durata massima del congedo è di tre mesi entro il primo anno di età del figlio. In caso di adozione o affidamento, i tre mesi si calcolano entro il primo anno di ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino. La retribuzione corrisposta è pari al 30% della retribuzione convenzionale, dove per retribuzione convenzionale si intende il valore calcolato per la liquidazione delle prestazioni pensionistiche e per determinare il reddito come risultante dall’Estratto Conto del lavoratore.
Come fare la domanda
La domanda per il permesso parentale si inoltra all’INPS solo per via telematica, scegliendo una delle seguenti modalità:
- Tramite accesso al sito INPS con l’utilizzo del PIN dispositivo o credenziali SPID;
- Contattando il Contact Center INPS ai numeri telefonici gratuiti 802 164 (da rete fissa) o 06 164 164 (da rete mobile);
- Tramite patronati o intermediari abilitati.
I moduli da compilare sono diversi qualora si opti per la richiesta di congedo parentale a ore, ma la modalità di trasmissione resta la stessa.
La retribuzione è corrisposta dal datore di lavoro nel caso di lavoratori dipendenti; mentre è corrisposta direttamente dall’INPS nel caso di lavoratori iscritti alla Gestione Separata, lavoratori autonomi, stagionali, a progetto, a termine, lavoratori del settore agrario con contratti a tempo determinato, lavoratori dello spettacolo con contratti a tempo determinato.
Il congedo parentale straordinario
Il congedo parentale straordinario è una misura, appunto, “straordinaria” messa a punto in occasione dell’emergenza dettata dalla diffusione del coronavirus e per andare incontro alle esigenze dei genitori lavoratori del settore pubblico, privato e autonomi. Il provvedimento, inizialmente con data di scadenza al 31 agosto 2020, è stato prorogato considerata l’incertezza della situazione ed è in vigore dal 5 marzo e concerne la possibilità di usufruire di ulteriori giorni di permesso – per un totale di 30 giorni – per la cura dei figli minori fino ai 12 anni di età affetti dalla malattia specifica o che – pur non infetti – non è possibile affidare alle cure altrui. La misura è stata adottata per il momento specifico e per sopperire alle difficoltà correlate alla chiusura parziale o totale delle scuole durante il periodo di occorrenza dell’emergenza sanitaria. Il provvedimento è previsto dal Decreto Cura Italia, prorogato a maggio 2020 dal Decreto Rilancio e ulteriormente confermato dalla legge di Bilancio che si sommano alle misure “Bonus 600 € INPS” e Bonus Baby Sitter.
In cosa consiste?
Il congedo obbligatorio ordinario (ex astensione facoltativa) – come si è visto nei paragrafi precedenti – è la facoltà dei entrambi i genitori o affidatari o tutori del minore di assentarsi dal lavoro per un periodo parzialmente retribuito, con la possibilità – a determinate condizioni - di trasformare il rapporto di lavoro da full time a part time. Con il Decreto Cura Italia sono state introdotte misure specifiche per le famiglie per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID 19. Il congedo parentale straordinario – in vigore dal 5 marzo 2020 – è una misura emergenziale che consiste in un congedo indennizzato per un periodo massimo di 30 giorni (come da proroga di maggio, anziché 15). Ne possono beneficiare i genitori che lavorano siano essi dipendenti pubblici, privati, iscritti alla Gestione Separata, autonomi iscritti all’INPS. Le istruzioni operative sono contenute nella circolare INPS n. 45 del 25 marzo 2020; ulteriori chiarimenti sono fornite nel messaggio n. 2968 del 27 luglio 2020 relativo agli obblighi contributivi e alla valutazione dei periodi di congedo ai fini pensionistici (Trattamento di fine servizio (TFS) e fine rapporto (TFR).
Un requisito cardine per poter usufruire del beneficio è che all’interno del nucleo familiare non via sia l’altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito come per esempio nel caso di cassa integrazione per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o altro genere di sussidio per la disoccupazione o non lavoratore.
Inoltre il cosiddetto Congedo straordinario Covid 19 non può essere utilizzato negli stessi giorni da entrambi i genitori, ma solo alternativamente e per un totale complessivo di 30 giorni ed è, altresì, incompatibile con la fruizione di altri tipi di congedi parentali, fatta eccezione per il genitore che è in malattia, ferie, aspettativa non retribuita, congedo di maternità/paternità e nel caso di un genitore che lavora in modalità di smart-working.
Tra le altre misure emergenziali temporanee si ricordano il Bonus Baby Sitting Covid19 che può essere cumulato al Bonus Asilo Nido 2020 e l’incremento dei numeri di giorno di permesso retribuiti tra marzo e aprile 2020 per chi ricorre al dispositivo di Legge 104/92.